
Apprendistato professionalizzante senza limiti di età
Dicembre 27, 2018
Attività lavorativa del socio e iscrizione alla gestione commercianti – Cass. sez. lav., ordinanza 4 maggio 2018, n. 10763 – Cass. sez. lav., ordinanza 2 maggio 2018, n. 10426- Cass. sez. lav., ordinanza 2 maggio 2018, n. 10424
Gennaio 12, 2019Apprendistato professionalizzante e carenza degli obblighi formativi – Cassazione sent. n. 8564 del 6 aprile 2018
La fattispecie che qui si commenta riguarda un argomento ampiamente dibattuto sia in dottrina che in giurisprudenza proprio a causa delle numerose problematiche che nel corso degli anni più volte sono sorte in merito alla formazione.
Trattasi della formazione durante un rapporto di lavoro di apprendistato professionalizzante considerato elemento essenziale tanto che, come si è visto più volte, l’inosservanza dell’obbligo formativo da parte del datore di lavoro comporterebbe la nullità del contratto e la sua automatica conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con la conseguenza inoltre, che il lavoratore ha diritto all’inquadramento nella qualifica ordinaria fin dalla costituzione del rapporto con le relative differenze retributive.
L’apprendistato è tradizionalmente infatti considerato come un contratto a causa mista caratterizzato, oltre che dallo svolgimento della prestazione lavorativa, dall’obbligo del datore di lavoro di garantire una effettiva formazione sul lavoro. Infatti nel contratto di apprendistato, rispetto alla attività lavorativa, la formazione assume un ruolo assolutamente preminente, ponendosi essa quale strumento per la realizzazione di finalità considerate già di alto valore sociale dalla Costituzione (art. 35 comma 2); il che spiega quelle norme miranti, da una parte, a rendere effettiva quella finalità (così come quelle norme che disciplinano specificamente la formazione professionale dell’apprendista) e, dall’altra, a compensare gli oneri affrontati dal datore di lavoro connessi all’attività di addestramento, attraverso una serie di vantaggi (di varia natura, dalle agevolazioni contributive alla non computabilità degli apprendisti nell’organico dell’azienda, ai fini del raggiungimento della soglia dimensionale prevista per l’applicabilità di determinate tutele od obblighi a carico del datore etc.).
E ancora la giurisprudenza è conforme nel ritenere che affinchè l’obiettivo formativo possa considerarsi raggiunto è necessario che vi sia uno svolgimento effettivo e non meramente figurativo, così come della prestazione lavorativa da parte del lavoratore, anche della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro.
In questa sentenza tuttavia la Suprema Corte ha dovuto giudicare un mancato assolvimento degli obblighi esterni di formazione da addebitare non alla volontà datoriale, ma ad una espressa scelta da parte dello stesso apprendista, che rivendicava il fatto di aver partecipato ad altre iniziative formative prima dell’accertamento ispettivo. Infatti in questo caso la Cassazione invita ad una lettura non superficiale, che tenga conto cioè anche degli scopi a cui effettivamente mira la formazione nel contratto di apprendistato cioè al conseguimento di una qualifica tramite l’addestramento pratico affiancato da un tutor. Perciò la verifica circa l’effettività dell’addestramento non può quindi limitarsi al rispetto analitico di un monte ore di formazione esterna, in fatto non preclusiva dell’obiettivo formativo. Inoltre la mancata o parziale erogazione della formazione durante lo svolgimento dell’apprendistato non può invalidare tutto il contratto così come non può configurarsi come una indebita fruizione dei benefici contributivi fino a quando l’accertatore non rilevi che sulla base del concreto andamento dei fatti determini una totale mancanza di formazione (teorica e pratica), oppure una formazione carente e/o inadeguata che abbia reso inutile il contratto di apprendistato e che tale tipo di rapporto sia stato attivato al solo scopo di eludere l’obbligo contributivo pieno e ottenere i benefici contributivi corrispondenti.
Infine grava sul datore di lavoro l’onere di provare la mancata erogazione della formazione a fatti non dipendenti dalla sua volontà ma bensì per cause riconducibili alla mancata offerta formativa oppure, come in questo caso, al rifiuto da parte del lavoratore.
Rag. Piergiorgio Cefaro
Consulente del lavoro
Cassazione sent. n. 8564 del 6 aprile 2018
04/01/2019